L’impegno cristiano esiste ancora?

Luce d'Amore - Onlus

L’impegno cristiano esiste ancora?

“Quando queste righe saranno sotto il vostro sguardo e mi auguro raggiungano il cuore perché sono un collegamento tra chi è abitato dalla nostra stessa fede ed è subito raggiunto, come Maria, dalla fretta della carità, le nostre comunità riprenderanno il loro cammino della nuova evangelizzazione in un anno pastorale.

Non è più sufficiente oggi una fede che termina ai confini del nostro ‘io’, ognuno è parte, membro del nuovo popolo di Dio che vive a corpo.

È tutta una comunità che inizia alla fede in Gesù; a conoscerlo quando i piccoli ci vedono, la domenica mentre preghiamo, a seguirlo quando ascoltano e guardano i loro catechisti, ad amarlo dove Gesù ha posto la sua abitazione: i malati, i poveri, quanti sono in fuga dalle loro terre perché diventate inospitali.

È tutta la comunità adulta che deve fare spazio ai giovani, alla loro creatività perché senza di loro le nostre chiese non hanno il futuro della carità, della intelligenza, della te-stimonianza da travasare nel mondo dello studio, della ricerca, del lavoro, delle tante professioni che senza le radici del Vangelo cadono schiave di quella divinità sovrana e dividente che il filosofo antico (Erodoto) chiamava ‘pòlemos’, parola che non richiede traduzione ed è esperienza comune.

Chi è genitore oggi non può presumere di essere autosufficiente nell’arte educativa.

Bisogna che la comunità privilegi e favorisca e insista perché i genitori si uniscano per creare l’alveo (l’oratorio) dove i figli crescano, diventino amici, imparino a distinguere il gruppo dove ognuno ponendo se stesso si ricava arricchito dalle tante ricchezze necessa-rie per stare al gioco della vita…, del ‘branco’ dove il bullismo, il consumo, la trasgressione, per drenare il dovere diventa regola ed obbligo.

Una domanda si impone. È sufficiente la ripetitività, lo scoraggiamento di fronte a un mondo che ha confinato ai margini del suo ‘fare’ l’ascolto, la riflessione, la visione di modelli possibili, il riunire le forze, e dunque camminare, costruire, diventar seme buono nel campo del mondo? Forse, oggi, come nei primi tempi del cristianesimo, il cammino deve diventare corsa. Forse non basta accontentarsi, dire che oggi è così dappertutto; viviamo in una cultura liquida e ormai gassosa.

Paolo scrivendo ai primi cristiani di Filippi, parla di sé perché tutti comprendano, e la corsa, la fretta della fede divenuta carità, missione, vada avanti spedita.

“Non che io sia già arrivato alla meta” (e neanche noi siamo arrivati e oltre non si può andare!), “o sia giunto alla perfezione” (e neanche la nostra è la pastorale del ‘possibile’), “ma mi sforzo di afferrarla perché anch’io sono stato afferrato da Cristo Gesù”. E qui sta la soluzione dell’entusiasmo (essere in Dio!) che può venire a mancare venendoci a tro-vare sul vuoto, non attraente.

“Questo dico: dimentico del passato (un passato che non ritorna!) e protendendomi verso l’avvenire, mi lancio verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3, 12-14).

Sono parole che scelsi nel 1973 per il rito della imposizione delle mani che mi rendeva sacerdote di Cristo per i fratelli.

Sono parole che ancora oggi in una corsa ben più importante di quelle che attraversano le nostre città sono immagine di una Chiesa che non si è stancata di Gesù Cristo perché Gesù non si è stancato della nostra stanchezza, e al nostro immobilismo ripete: prendi il tuo lettuccio e…va!

Don Ezio Stermieri

 

Credere all’Amore – N° 2 – Settembre 2023