Da Cristo il dono più grande
Gesù ha compendiato in una parola l’obiettivo della sua missione: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Di qual vita intendeva parlare? La risposta va cercata nei numerosi passi del Nuovo Testamento che si riferiscono a quella vita. Vi si parla anzitutto della vita che è propria di Dio: la pienezza e la perfezione dell’essere divino che, nell’unità della sostanza, è proprio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Riguardo alla vita divina del Figlio vi si afferma che si è resa visibile attraverso la natura umana di Cristo. Gli apostoli ne sono testimoni: “La vita che era presso il Padre si è fatta visibile a noi”, e pertanto “quello che abbiamo veduto e udito lo annunciamo anche a voi” (1 Gv 1, 3).
Inoltre, il Figlio incarnato, che è la vita divina –“Io sono la vita” (Gv 14, 6)- ha la missione di “da-re la vita”: “Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (Gv 6, 33). Dare la vita divina agli esseri umani significa far parte della vita di Dio alle persone che sono disponibili ad accogliere questo dono straordinario che supera le loro capacità naturali di conoscere e di volere, di potere e di amare.
Gesù precisa queste disposizioni. In primo luogo, la fede in lui, nella sua identità di Dio e uomo, e nella sua missione di salvatore. Egli dichiara a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11, 25). È lo scopo per cui è stato scritto il Vangelo: “Perché crediate che Gesù è il Cristo e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20, 31). Viceversa, chi lo respinge si priva della vita divina: “Voi non volete venire a me per avere la vita” (Gv 5, 40).
È inoltre necessario accoglierlo nell’Eucaristia: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 54). Altrettanto indispensabile è l’osservanza della Parola rivelata: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12).
In sintesi, per il discepolo è determinante l’unione con Cristo: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me” (Gv 15, 4). Paolo ne ha fatto esperienza: “Cristo vive in me” (Gal 2, 20). E si rivolge ai cristiani: “Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi?” (2 Cor 13, 5). Aver parte alla vita di Dio significa essere suoi figli e partecipare fin d’ora alla sua verità e al suo amore, nella certezza di una comunione che non avrà fine.
† Mons. Livio Maritano